Zoom Magazine Italia

IT
Ho viaggiato in tutto il mondo e ho lavorato a numerosi progetti in Madagascar, Vanuatu, nella penisola dello Yemen e nel suo arcipelago di Socotra, in Canada settentrionale nell’insediamento Inuit chiamato Iglulik. Sono attratta dai luoghi remoti, lontani dal mondo occidentale, dove la popolazione locale non troppo è influenzata dalla cultura occidentale. In particolare sono attratta dalla Bolivia per i suoi paesaggi incredibili dove gli indigeni Aymara vivono in perfetta armonia con la natura della loro terra solitaria.

Viaggi in solitaria?
Sì, perché è più facile essere accettato dalle comunità locali se arrivo da sola. Porto con me solo lo zaino con la mia attrezzatura fotografica e alcuni piccoli strumenti, e da lì inizio a improvvisare.

Che rapporto hai con questi paesaggi puri e incontaminati?
Sono l’immensità e il senso di libertà dei luoghi deserti ad attrarmi. Lì mi sento viva e immersa nelle culture straniere prendo consapevolezza della mia identità. Tuttavia questa sensazione di liberazione è spesso
in contrasto con le tradizioni del popolo locale perché, entrando in contatto con una cultura sconosciuta per la prima volta, si percepiscono le restrizioni e comportamenti di quella società.

Come esplori luoghi e incontri persone locali coinvolgendoli nell’opera?
I miei viaggi durano sempre lunghi periodi. Prima di tutto, cerco sempre di trovare artisti locali o fotografi con cui collaborare. Con loro trascorro molte settimane per provare a farmi un’idea della cultura del posto e adattarmi alle convenzioni sociali. In Bolivia, Madagascar, Islanda e Igloolik (Canada artico) ho avuto addirittura una squadra di artisti locali ad aiutarmi!

Come nasce l’ispirazione per una tua installazione?
La maggior parte direttamente sul posto, viaggiando e relazionandomi con la cultura. Attraverso la mia installazione desidero catturare un aspetto essenziale della comunità locale e metterlo in relazione con l’ambiente naturale circostante.

La maggior parte dei temi che affronto fanno sempre parte di questioni più grandi e più globali. Per esempio?
Qual è il significato di un’installazione o di una performance all’interno del paesaggio?

L’accostamento di oggetti quotidiani e la stranezza di un paesaggio implacabile suggerisce allo spettatore una realtà che va oltre la prevedibilità delle leggi della vita quotidiana e persino le leggi della natura e della fisica.

Colori, forme, persone e paesaggi, come unisci tutti questi elementi nella composizione?
Mi piace giocare con situazioni surreali, con la magia. Attraverso la combinazione di elementi -quali gli aspetti tipici del paesaggio e della cultura locale- creo la mia storia. Vengo da una formazione nella scultura, credo che questo mi abbia reso molto consapevole delle forme e degli spazi.

Per ottenere un tale livello di purezza e armonia, operi anche in post-produzione?
No, scatto le mie foto con una fotocamera analogica di medio formato e stampo direttamente dal negativo. Preferisco questo vecchio modo di produrre immagini perché i colori delle stampe C-print hanno una qualità così intensa. Inoltre, mi piace l’immediatezza del mezzo, “quello che vedi è quello che è”. In questo modo c’è la garanzia che le immagini non vengano manipulate digitalmente e mantengano la purezza e la delicatezza del momento naturale.

Le tue fotografie sono molto apprezzate e conosciute in tutto il mondo, cosa significa per te?
Sono molto contenta, penso che essere un artista sia un enorme privilegio! Potersi esprimere liberamente senza commissioni o restrizioni è una cosa bellissima. Inoltre ritengo molto speciale se altre persone, provenienti da diversi luoghi e culture, apprezzano il mio lavoro.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Adesso sto vivendo ad Amsterdam. Non ho ancora preso una decisione sul mio futuro, ho solo alcune idee in mente: una è tornare in Bolivia.


EN

I have traveled all over the world and worked on extensive projects in Madagascar, Vanuatu, the Yemen peninsula and its Socotra archipelago, and the Inuit settlement, named Igloolik in northern Canada. I am attracted to remote places, far away from the Western world, where the local people are not influenced too much by western civilization. I am attracted to Bolivia in particular because of the incredible landscapes where the indigenous Aymara people seem to live in harmony with nature in these remote locations.

Do you travel alone?
Yes, because it is easier to be accepted in local communities if I come by myself. I bring with me just my backpack with my photo equipment and some small tools, and start improvising from there.

What’s your relationship with those pure and natural landscapes?
It is the immensity and freedom of the wilderness that attracts me. There, I become conscious of being alive; and in foreign cultures I’m made aware of my own identity. This sense of liberation often contrasts with the traditions of the local culture, because, entering inside an unfamiliar culture for the first time, its compulsory behaviors and restraints can be felt.

How do you explore places and meet local people to involve them in your work?
My journeys always extend over long periods. First of all, I always try to find local artists or photographers to work with, spending many weeks with them, during which time I try to get an idea about the local culture and how to adapt to the social conventions. In Bolivia, Madagascar, Iceland and Igloolik (arctic Canada) I even had a team of local artists to help me!

Where do you draw inspiration for your installations?
Mainly on the spot, while traveling in a country, relating with the culture. Through an installation, I often want to capture an essential aspect of the local community and set it off against the surrounding natural environment. Most of the issues I work with are part of something larger, more global issues.

For example? What’s the significance of an installation or performance within a landscape?
The juxtaposition of everyday objects and the strangeness of the unforgiving landscape suggests a reality that goes beyond the predictability of the laws of day-to-day life as well as the laws of nature and physics.
Colors, shapes, people and landscapes—what links all those elements?

I love to play with surreal situations, with magic. Through the combination of elements—for example, the typical aspects of a landscape and the local culture—I create my own story. I come from a training as a sculptor, and I guess this made me very aware of shapes and spaces.

Do you work in post-production to obtain this level of purity and harmony?
No, I shoot my photos with an analogue medium format camera and print directly from the negative. I prefer this old way of producing images since the colors of the C-prints have such an intense quality. In
addition, I like the straight-forwardness of the medium—essentially, “what you see is what you get”. This ensures that the images are not manipulated digitally and retain the purity and delicacy of the natural moment.

Your photographs are highly estemmed and well-known around the world. What does this mean to you?
I am very happy about this, I think being an artist is a huge privilege! To be able to express yourself freely without any assignments or restrictions is a beautiful thing. And very special if other people from other places and cultures can appreciate my work.

Where do you live and what about your future plans?
Currently, I am living in Amsterdam. I have not made up my mind yet about future plans, although I have some ideas in mind—one is
going back to Bolivia.



 

 

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Ho viaggiato in tutto il mondo e ho lavorato a numerosi progetti in Madagascar, Vanuatu, nella penisola dello Yemen e nel suo arcipelago di Socotra, in Canada settentrionale nell’insediamento Inuit chiamato Iglulik. Sono attratta dai luoghi remoti, lontani dal mondo occidentale, dove la popolazione locale non troppo è influenzata dalla cultura occidentale. In particolare sono attratta dalla Bolivia per i suoi paesaggi incredibili dove gli indigeni Aymara vivono in perfetta armonia con la natura della loro terra solitaria.

Viaggi in solitaria?
Sì, perché è più facile essere accettato dalle comunità locali se arrivo da sola. Porto con me solo lo zaino con la mia attrezzatura fotografica e alcuni piccoli strumenti, e da lì inizio a improvvisare.

Che rapporto hai con questi paesaggi puri e incontaminati?
Sono l’immensità e il senso di libertà dei luoghi deserti ad attrarmi. Lì mi sento viva e immersa nelle culture straniere prendo consapevolezza della mia identità. Tuttavia questa sensazione di liberazione è spesso
in contrasto con le tradizioni del popolo locale perché, entrando in contatto con una cultura sconosciuta per la prima volta, si percepiscono le restrizioni e comportamenti di quella società.

Come esplori luoghi e incontri persone locali coinvolgendoli nell’opera?
I miei viaggi durano sempre lunghi periodi. Prima di tutto, cerco sempre di trovare artisti locali o fotografi con cui collaborare. Con loro trascorro molte settimane per provare a farmi un’idea della cultura del posto e adattarmi alle convenzioni sociali. In Bolivia, Madagascar, Islanda e Igloolik (Canada artico) ho avuto addirittura una squadra di artisti locali ad aiutarmi!

Come nasce l’ispirazione per una tua installazione?
La maggior parte direttamente sul posto, viaggiando e relazionandomi con la cultura. Attraverso la mia installazione desidero catturare un aspetto essenziale della comunità locale e metterlo in relazione con l’ambiente naturale circostante.

La maggior parte dei temi che affronto fanno sempre parte di questioni più grandi e più globali. Per esempio?
Qual è il significato di un’installazione o di una performance all’interno del paesaggio?

L’accostamento di oggetti quotidiani e la stranezza di un paesaggio implacabile suggerisce allo spettatore una realtà che va oltre la prevedibilità delle leggi della vita quotidiana e persino le leggi della natura e della fisica.

Colori, forme, persone e paesaggi, come unisci tutti questi elementi nella composizione?
Mi piace giocare con situazioni surreali, con la magia. Attraverso la combinazione di elementi -quali gli aspetti tipici del paesaggio e della cultura locale- creo la mia storia. Vengo da una formazione nella scultura, credo che questo mi abbia reso molto consapevole delle forme e degli spazi.

Per ottenere un tale livello di purezza e armonia, operi anche in post-produzione?
No, scatto le mie foto con una fotocamera analogica di medio formato e stampo direttamente dal negativo. Preferisco questo vecchio modo di produrre immagini perché i colori delle stampe C-print hanno una qualità così intensa. Inoltre, mi piace l’immediatezza del mezzo, “quello che vedi è quello che è”. In questo modo c’è la garanzia che le immagini non vengano manipulate digitalmente e mantengano la purezza e la delicatezza del momento naturale.

Le tue fotografie sono molto apprezzate e conosciute in tutto il mondo, cosa significa per te?
Sono molto contenta, penso che essere un artista sia un enorme privilegio! Potersi esprimere liberamente senza commissioni o restrizioni è una cosa bellissima. Inoltre ritengo molto speciale se altre persone, provenienti da diversi luoghi e culture, apprezzano il mio lavoro.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Adesso sto vivendo ad Amsterdam. Non ho ancora preso una decisione sul mio futuro, ho solo alcune idee in mente: una è tornare in Bolivia.


EN

I have traveled all over the world and worked on extensive projects in Madagascar, Vanuatu, the Yemen peninsula and its Socotra archipelago, and the Inuit settlement, named Igloolik in northern Canada. I am attracted to remote places, far away from the Western world, where the local people are not influenced too much by western civilization. I am attracted to Bolivia in particular because of the incredible landscapes where the indigenous Aymara people seem to live in harmony with nature in these remote locations.

Do you travel alone?
Yes, because it is easier to be accepted in local communities if I come by myself. I bring with me just my backpack with my photo equipment and some small tools, and start improvising from there.

What’s your relationship with those pure and natural landscapes?
It is the immensity and freedom of the wilderness that attracts me. There, I become conscious of being alive; and in foreign cultures I’m made aware of my own identity. This sense of liberation often contrasts with the traditions of the local culture, because, entering inside an unfamiliar culture for the first time, its compulsory behaviors and restraints can be felt.

How do you explore places and meet local people to involve them in your work?
My journeys always extend over long periods. First of all, I always try to find local artists or photographers to work with, spending many weeks with them, during which time I try to get an idea about the local culture and how to adapt to the social conventions. In Bolivia, Madagascar, Iceland and Igloolik (arctic Canada) I even had a team of local artists to help me!

Where do you draw inspiration for your installations?
Mainly on the spot, while traveling in a country, relating with the culture. Through an installation, I often want to capture an essential aspect of the local community and set it off against the surrounding natural environment. Most of the issues I work with are part of something larger, more global issues.

For example? What’s the significance of an installation or performance within a landscape?
The juxtaposition of everyday objects and the strangeness of the unforgiving landscape suggests a reality that goes beyond the predictability of the laws of day-to-day life as well as the laws of nature and physics.
Colors, shapes, people and landscapes—what links all those elements?

I love to play with surreal situations, with magic. Through the combination of elements—for example, the typical aspects of a landscape and the local culture—I create my own story. I come from a training as a sculptor, and I guess this made me very aware of shapes and spaces.

Do you work in post-production to obtain this level of purity and harmony?
No, I shoot my photos with an analogue medium format camera and print directly from the negative. I prefer this old way of producing images since the colors of the C-prints have such an intense quality. In
addition, I like the straight-forwardness of the medium—essentially, “what you see is what you get”. This ensures that the images are not manipulated digitally and retain the purity and delicacy of the natural moment.

Your photographs are highly estemmed and well-known around the world. What does this mean to you?
I am very happy about this, I think being an artist is a huge privilege! To be able to express yourself freely without any assignments or restrictions is a beautiful thing. And very special if other people from other places and cultures can appreciate my work.

Where do you live and what about your future plans?
Currently, I am living in Amsterdam. I have not made up my mind yet about future plans, although I have some ideas in mind—one is
going back to Bolivia.